Dal gaming alla brand strategy: AR e VR cambiano il volto della pubblicità
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Dal gaming alla brand strategy: AR e VR cambiano il volto della pubblicità

Tecnologie come la realtà aumentata (AR) e la realtà virtuale (VR), un tempo relegate al solo intrattenimento videoludico, stanno rapidamente diventando strumenti chiave nelle strategie di comunicazione dei brand. AR e VR aprono la porta a nuove forme di storytelling, a spazi pubblicitari senza confini e a modalità inedite di esplorare prodotti, servizi e brand values; oggi coinvolgere significa immergere, ed è proprio in questo spazio tridimensionale sospeso tra reale e digitale che i brand stanno riscrivendo le regole del gioco.

Adidas lo dimostra con Terrex VR, un’esperienza dove l’utente scala virtualmente le Alpi accanto a due atleti reali. In questo contesto, l’utente indossa i digital twin della linea Terrex, progettata per il trail running e l’escursionismo. Non è product placement, è immersione narrativa, tensione muscolare, ritmo cardiaco, ambiente. E se l’outdoor si presta all’immedesimazione e alla spettacolarità della realtà virtuale, il beauty gioca con il coinvolgimento sensoriale e simbolico. Con l’Ultimune VR Challenge firmata Trinax Shiseido ha trasformato la protezione della pelle in un videogioco interattivo: i partecipanti, dotati di visore VR, dovevano neutralizzare aggressori ambientali virtuali accumulando punti e migliorando le proprie “difese cutanee” digitali. Al di là dell’aspetto ludico, l’esperienza comunica efficacemente i benefici della linea skincare Ultimune; il premio finale, uno starter kit di tre giorni, chiude il cerchio tra esperienza, prodotto e conversione.

Se nel beauty il gioco si fa simbolico e sensoriale, nel settore automotive la parola chiave è funzionalità immersiva. Škoda utilizza la VR per accorciare il ciclo decisionale: con la realtà virtuale di Škodaverse i test drive diventano accessibili ovunque e in qualsiasi momento. L’utente può salire a bordo, esplorare ogni dettaglio dell’abitacolo, simulare la guida. È un touchpoint sensoriale che unisce racconto e prova, potenziando l’efficacia persuasiva del contatto diretto. Anche Nike ha scelto la via dell’utilità immersiva con l’integrazione di una funzione di foot-scanning in AR nella sua app che consente agli utenti di misurare con precisione i piedi tramite smartphone. L’effetto wow si unisce a un insight chiaro: ridurre resi, aumentare la soddisfazione e dimostrare che il brand comprende, e soprattutto risolve, i problemi concreti dei consumatori.

Con l’evoluzione del WebAR le soluzioni immersive non sono più appannaggio di pochi brand tecnologicamente avanzati, ma sono a portata di QR code e smartphone. I numeri parlano chiaro: il tempo medio di interazione aumenta più di due volte rispetto alla pubblicità tradizionale, con un incremento fino al 70% della brand awareness e tassi di conversione superiori del 30% grazie alla personalizzazione e al coinvolgimento emozionale. La pubblicità immersiva efficace coinvolge, invita, immedesima, risolve problemi: è una tendenza passeggera o plasmerà il futuro della pubblicità?

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