Inverno digitale, Metaverso e intelligenza artificiale
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Inverno digitale, Metaverso e intelligenza artificiale

Inverno digitale, metaverso e intelligenza artificiale
Questo 2022, che già si era mostrato particolarmente ostico per le note questioni che hanno causato lo sbocco della crisi Ucraina in un vero e proprio conflitto, qui in Europa non lontano dai nostri confini, che non è esagerato vedere come vero e proprio scontro fra le due superpotenze più datate, USA e Russia, ha mostrato nella seconda parte dell’anno anche le conseguenze di questi fatti.

Ad un certo punto di inizio marzo, abbiamo avvertito altri scossoni importanti: la Silicon Valley Bank, il principale Istituto Bancario dedicato a sostenere le start up americane che crescevano a colpi di ingenti finanziamenti in California, è crollato, l’istituto è risultato molto esposto verso le nuove aziende del settore digital e ha cercato invano di ricollocare i propri bond sul mercato, pur soffrendo gli alti interessi dovuti alle incertezze delle società interessate. Dopo il crack di Svb, la speculazione è alla ricerca di un anello debole nel sistema bancario europeo. E lo ha trovato in Credit Suisse. Il fallimento di Credit Suisse a detta dei Ministri Finanziari dello stato elvetico, avrebbe avuto conseguenze irreparabili; quindi Ubs acquisisce l’eterna rivale per 3 miliardi, evitando il crac del blasonato istituto svizzero e salvando, di fatto, l’intera confederazione svizzera da uno smacco indelebile a livello mondiale.

Il prosieguo di questa situazione è stata definita dalle testate oltreoceano inverno digitale perché in effetti si è manifestato un periodo di grave incertezza all’interno delle big tech americane (da Meta-Facebook a Twitter, da Google a Amazon, passando per Twitter, Microsoft, Alphabet, Zoom, Netflix e l’italiana Italtel).

Dapprima hanno cominciato a licenziare le startup. Poi i colossi tecnologici le hanno imitate. Fino alla raffica di licenziamenti che ha travolto almeno 81.200 persone nelle principali Big Tech. I segnali di recessione hanno quindi spinto i colossi tecnologici a ridurre drasticamente il personale, forse aumentato a dismisura nel periodo di pandemia con richieste esorbitanti per accedere al nuovo mondo in modalità remota. Big Tech si dice sia di fatto in mano ai ventenni, con tutte le conseguenze del caso.

Per quanto riguarda le motivazioni; oltre alla scontata decisione di risparmiare sui costi del personale, non optando per aumentare l’offerta dei prodotti o alzare i prezzi, e decidere di non elaborare nuove strategie che avrebbero pagato a lungo termine quando tutti i vertici sono alla ricerca di soluzioni rapide, la risposta potrebbe essere così spiazzante da poter essere l’unica plausibile: si copiano a vicenda. Lo sostiene Jeffrey Pfeffer docente alla Stanford Graduate Schooll of Business che a The Verge ha detto “Le compagnie non hanno problemi di costi, ma problemi di ricavi, tagliare i dipendenti non aumenterà i ricavi. Probabilmente li farà diminuire“.

È verso fine anno che abbiamo scorto qualche segnale incoraggiante, che forse ha svelato l’arcano della situazione precedente. L’avvento della grande conferma dell’Intelligenza Artificiale su cui si vanno a concentrare tutti gli interessi e i finanziamenti. OpenAI ha lanciato a novembre scorso il bot intelligente ChatGPT che ha attirato un numero record di utenti, Microsoft, Meta e Google e molte altre società, non solo americane, ma anche cinesi e indiane, si stanno attrezzando per avere un posto al sole in questo nascente mercato. IBM in testa sta investendo moltissimo in Machine Learning e Quantum computing, tanto quanto Amazon in Echo e Alexa.

Negli Stati Uniti al momento ci sono più di 500 start up che lavorano sull’Ai mentre un’altra buona parte delle imprese presenti nella Silicon Valley ha già pianificato di investire nel settore entro fine anno.

Anche se segnata da qualche importante defezione, come quella di Geoffrey Hinton che ha dato le dimissioni dal suo lavoro in Google per poter parlare liberamente dei rischi e delle preoccupazioni dell’intelligenza artificiale che lui stesso ha contribuito a sviluppare, la strada pare segnata. Ed è il momento per riavvicinarsi alla precedente novità del Metaverso che è rimasta finora abbastanza incompiuta. Certo, come qualche critico ha commentato, l’idea di avere degli alias che vivono in atmosfere digitali al posto nostro, rievoca un poco la cultura giapponese del videogioco, acquisita benissimo anche da noi occidentali, tanto che ne è nato un vero e solido mercato trainante.
È di recente acquisizione la notizia delle nozze fra Microsoft e Activision Blizzard a cui la commissione Europea ha dato via libera per un accordo che sfiora i 70 miliardi di dollari. Da qui il nostro desiderio di approfondire l’argomento del Metaverso per non farci sorprendere dai nuovi sviluppi del mercato… e anzi saperne cogliere le opportunità.

Abbiamo quindi chiesto ai nostri collaboratori più giovani di indagare su quali siano le applicazioni reali e quelle future di questo mondo fantastico.

Sicuramente l’allarme sull’intelligenza artificiale è motivato, nelle precedenti rivoluzioni industriali il saldo fra posti di lavoro creati e perduti è sempre stato positivo e il beneficio per la società indiscutibile. In particolare l’attenzione deve essere posta perchè si tratta di entrare in un campo, quello della creatività e delle relative professioni che è, e dovrebbe rimanere a nostro parere essenzialmente umano.
1.La domanda non è SE il tuo marchio dovrebbe connettersi con argomenti culturalmente rilevanti, ma quando, perchè e come.
2.Se parli con tutti, non parli con nessuno.
3.È ora di reinventare il comportamento del tuo marchio su Twitter.
4.Sii per alcuni, non per tutti.
5.Sii (auto)consapevole

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