Unluckiest Generation Millenials, zoomers e le generazioni post Covid
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Unluckiest Generation Millenials, zoomers e le generazioni post Covid

Unluckiest Generation Millenials, zoomers e le generazioni post Covid
Gli studenti che escono da un lockdown che li ha privati dei loro studi “normali” ed entrano in un mondo che si presenta molto avaro di opportunità, diventano quindi la generazione meno fortunata con prospettive di lavoro e di benessere molto ridotte. I più anziani di questa fascia di popolazione intesa nella sua cognizione più larga, sono quei Millenial che si avvicinano alla soglia dei quaranta anni e sono a misurarsi con la terza recessione economica. La prima derivante dai fatti accaduti l’ 11.09.01, fu breve ma rivoluzionò moltissimi equilibri, la seconda scaturì invece in seguito alla crisi dei subprime e del mercato immobiliare, producendo a catena prima una grave crisi finanziaria nell’economia americana, e assumendo poi gradualmente un carattere globale, spinta da meccanismi finanziari di contagio in diversi Paesi europei con la crisi del debito degli stati sovrani europei. Dietro di loro ci sono i Millennial appena ventenni, e quindi la generazione Zoomers che ha visto un terzo dei posti di lavoro cancellati dall’inizio dell’emergenza sanitaria Covid-19.

Gli studenti hanno quindi per lo più avuto un peggioramento della qualità dell’istruzione, andando ad alimentare i disagi di apprendimento e concentrazione propri dei ragazzi, anche se quando questi si impegnano nei videogiochi che richiedono non solo abilità manuali, ma anche capacità di collegamento percettivo e molta attenzione, restano presi in un coinvolgimento attivo e anche emozionale.

Questo spiega come i videogiochi siano un banco di prova eccezionale per stimolare l’apprendimento e che possono dare spunto al riconoscimento degli errori e la conseguente modifica delle strategie cognitive. Viviamo in una società tecnologica che valorizza la percezione delle immagini e ostacola la concentrazione sul testo, con tutte le conseguenze che ne derivano.

Questa crisi ha poi spinto sull’acceleratore in diversi altri campi: oltre alla deglobalizzazione, primo fra tutti il rispetto ambientale. Uno dei prossimi fattori dominanti nel commercio sarà “comprare meno e far durare di più”. Specie nel fashion district. Come? utilizzando materiali naturali, più resistenti ma sostenibili come cotone, pelle, o materiali di laboratorio riciclati o riciclabili. Una delle conseguenze del lockdown è stata anche il cambiamento delle nostre abitudini riguardo gli acquisti nella GDO. Le persone hanno optato per gli alimenti confezionati, perchè oltre a garantire igiene permettono periodi di conservazione più lunghi, possono essere trasportati più facilmente, consentono di fare la spesa in modo più veloce e sono percepiti come più sicuri. La riduzione degli sprechi di cibo è ormai una priorità condivisa e lo studio e la progettazione degli imballaggi adeguati sono uno dei primi passi per evitare che gli alimenti si deteriorino rapidamente e finiscano buttati.

Certamente con 43,3 miliardi di confezioni utilizzate ogni anno solo in Italia, (dati Nielsen) la distribuzione moderna è un settore che può dare un enorme contributo alla sostenibilità ambientale. Tema che sta puntualmente verificandosi sia per l’impegno degli operatori sia per la grande domanda dei consumatori. Il comparto dei prodotti sostenibili è in rapida crescita e grande cambiamento. Anche se il biologico è nato e si è sviluppato in seno ai produttori più piccoli, le grandi marche industriali stanno però lavorando molto su questo fronte cercando di recuperare il terreno perduto.

I prodotti sostenibili hanno un prezzo superiore rispetto al resto dell’offerta e quindi le loro qualità debbono essere adeguatamente comunicate per convincere il consumatore a spendere di più. A questo si aggiunga che ogni acquirente ha di fatto determinate esigenze in tema di sostenibilità che possono essere anche molto diverse una dall’altra.

Anche se la maggior parte delle persone sembra dichiarare di ritenere molto importante il tema della sostenibilità, sono in pochi a pensare che sia relativamente facile trovare prodotti ecosostenibili nella grande distribuzione organizzata. Insomma il lavoro da fare per gli uffici marketing è ancora molto.

Certamente questa crisi è appena iniziata per cui a lungo non si conosceranno quelli che saranno gli effetti reali che potrà avere sulla nostra società, oltre alla determinazione e alla provvida intesa degli stati sovrani per adoperarsi in aiuti economici alla popolazione e per l’innovazione.

La buona notizia è che c’è una forte domanda di nuove soluzioni in molti settori, come la salute e il cambiamento climatico. L’offerta di innovazioni sembra promettente in settori come la biotecnologia, l’efficienza delle celle solari, l’intelligenza automatizzata e la robotica.

Questi progressi, se si concretizzassero, potrebbero creare un supporto per la realizzazione del potenziale di crescita futuro.

Per cui, via libera a tecnologie all’avanguardia, hackaton per ripensare il pianeta, finanziamenti senza precedenti destinati a modelli di sviluppo resilienti.

A questo punto mi piace chiudere questa riflessione con il pensiero di Giulia Ceriani, Semiotica, Ceo baba ricerche e scenari di mercato, dottorato in scienze del linguaggio a Parigi e professore di comunicazione a contratto all’Università di Bergamo.

“La soluzione potrebbe essere rappresentata dall’antivirus, quella cosa che possiamo scorgere nel coraggio di quelli che sanno pensare con una testa non allineata e che introducono una proposta di un consenso anticlassico, conflittuale, una strategia avanzata per scenari dedicati a fare della provocazione la testa di ponte per la demolizione dell’allineamento convenzionale. Si riparte dunque dalle macerie di quello che è stato, per uscire a testa alta da un game che chiaramente non è ancora risolto, premendo sul simbolo forward.”
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