Pubblicità Regolamentata: le parole difficili in Adv
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Pubblicità Regolamentata: le parole difficili in Adv

Pubblicità Regolamentata: le parole difficili in Adv

Promuovere l’immagine di brand “sensibili” restando nei binari della pubblicità regolamentata e del rispetto del pensiero della pubblica opinione. Una prova di capacità e competenza a cui il creativo può essere chiamato e dove deve mettere in campo tutta la sua creatività unita ad una buona dose di moderazione. Briglie o linee guida? Censura o doverosa tutela delle fasce deboli del consumatore? La risposta corretta è ovviamente la seconda, in un mondo in cui la sovraesposizione sulla rete ci pone in balia di un eccesso di informazioni e dove spesso giovane età o falsi idoli mediatici possono renderci deboli e influenzabili. Un terreno minato su cui il creativo deve camminare con balzi lievi e ben studiati, chiamato al compito di mettere in luce un brand in una tematica controversa, sensibile a critiche e giudizi come appunto fumo, salute, alcol, scommesse, armi e politica, ma pur sempre brand da promuovere con prodotti e servizi che un vasto pubblico dimostra ogni giorno di apprezzare e scegliere.

La necessità insomma era indagare quali sono le più attuali ed efficaci dinamiche di comunicazione negli ambiti sottoposti ad un regime di regolamentazione. Mediastars – sempre attenta alle tendenze della comunicazione e all’evoluzione delle dinamiche del dialogo tra azienda, agenzia e utente finale – ha interpellato autorevoli professionisti in occasione del convegno svoltosi il 22 ottobre 2015 a Milano al Centro Culturale San Fedele chiamando in platea esperti del settore ed uditori attenti e coinvolti.


Abbiamo riunito ad un unico tavolo istituzioni, direttori creativi, direttori marketing e comunicazione e consulenti di immagine come IAP, Istituto Autodisciplina Pubblicitaria con il segretario generale Vincenzo Guggino, Alberto Contri presidente di Fondazione Pubblicità Progresso, Andrea Stanich direttore creativo di BCube, l’agenzia nota per l’ironica e innovativa gestione dell’immagine social di Ceres, il marketing manager di Sisal Davide Nova, Massimiliano Barawitzka managing director di McCann Healthcare, gruppo internazionale specializzato in strategie di comunicazione integrata nel mondo della salute e del wellness e Alessandro Papini esperto di comunicazione della pubblica amministrazione, autore di saggi sul tema dell’innovazione nella comunicazione istituzionale.

Il convegno ha toccato gli aspetti più controversi e delicati del lavoro creativo di chi è chiamato a diffondere la comunicazione di brand o ambiti “sensibili” nel rispetto delle regole, ma anche della policy e mission aziendale. Lowprofile è la parola d’ordine, ma si può comunque fare buona comunicazione e informazione con le dovute cautele – la trasparenza prima di tutto – ponendosi con naturalezza al giudizio della pubblica opinione.

Il dialogo tra il brand e l’utente è il presupposto necessario per instaurare un rapporto di fiducia, trasmettendo il proprio messaggio con trasparenza e onestà intellettuale. Facciamo quello che facciamo insomma, non ci nascondiamo dietro facciate patinate, ma rammentiamo che la moderazione è la chiave per un uso responsabile e piacevole, che non travalichi i limiti del rischio di abuso o dipendenza. Trasparenza e rispetto dell’utente: un assunto che ogni comunicatore si porta ormai in tasca e che non chiede certo dimostrazioni e conferme, ma anzi una pratica quotidiana attenta e assidua sia sui canali classici che sul digitale, come un bravo equilibrista deve saper fare. La chiave di un dialogo efficace e durevole nel tempo tra brand e consumatore prevede infatti la fiducia, per non tradire le aspettative che si fatica a intercettare, e che si possono fraintendere e deludere molto in fretta, a volte irrimediabilmente.

L’ironia può essere lo strumento vincente per gestire certe aree di criticità comunicativa, serve però che sia arguta e di spessore. Facile a dirsi, a volte, ma spesso di complessa concretizzazione. Ci confortano varie ed interessanti esperienze recenti dove il vecchio invito carpe diem – cogli l’attimo – ha permesso a capaci social media manager di instaurare geniali botta e risposta sulla rete che hanno generato engagement e attenzione di valore a vantaggio dei brand, senza cadere nella banalità o, peggio nella volgarità, o nel tranello del silenzio.

Quando il brand è legato ad un ambito di attività particolare infatti, chiede al creativo, al social media manager ma anche a tutto il management nonché a tutto l’organico aziendale una particolare perizia in ogni azione di comunicazione e rappresentazione dell’immagine aziendale poiché deve conciliare la legittima aspettativa di attività promozionale con i concetti di etica e di moderazione, in linea con la normativa vigente e la sensibilità dell’audience, variegata per età, livello di istruzione, cultura, religione.

Tutto questo, è possibile con una buona attività di educazione del personale alla comunicazione interna per evitare messaggi esterni controproducenti e soprattutto con una strategia di comunicazione di crisi valida pronta nel cassetto, perché l’errore o la polemica – il web insegna – sono sempre dietro l’angolo e serve agire bene e nei giusti tempi per non compromettere il valore del brand.

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