Artisti, musei, fondazioni, gallerie, fiere, case d’asta, critici, curatori e altre notizie sull’Arte: chi si è aggiudicato gli OSCAR DELL’ARTE 2024 assegnati dalla redazione di ArtsLife. (https://artslife.com/2024/12/28/oscar-dellarte-2024-il-meglio-dellanno-secondo-la-redazione-di-artslife/)
Miglior casa d’aste italiana: Wannenes e Il Ponte. Il 2024 ha regalato a Wannenes e a Il Ponte Case d’Aste notevoli soddisfazioni. La maison genovese porta a casa un turnover di quasi 30 milioni di euro totale, con un aumento del 4% rispetto al 2023. L’istituzione meneghina risponde, confermando i numeri dello scorso anno, con 34,8 milioni di fatturato globale, di cui 11,6 della sola moderna e contemporanea. Top lot un Anello in oro giallo e bianco con grande smeraldo ottagonale di ct. 35,274 e diamanti a goccia venduto a 1,7 milioni. Tra gli highlights da sottolineare per Wannenes l’asta dedicata a Gina Lollobrigida che ha realizzato il 100% di venduto, il record del mondo per Kurt Seligmann (575.100 euro), gli ottimi risultati per le aste di gioielli con i due top lots che hanno realizzato più di 1 milione di euro e l’asta di Arredi con la collezione proveniente dalla dimora sul Quirinale dello stilista Renato Balestra. Il 2024 ha sorriso anche a Il Ponte Casa d’Aste. Nel suo Cinquantesimo anniversario, la maison milanese ha rafforzato il suo ruolo di protagonista nel panorama nazionale raggiungendo 34,8 milioni di euro di fatturato. E si è data slancio in ambito internazionale con l’ingresso del Millon Auction Group, che proietta la casa d’aste in una nuova dimensione.
Il Ponte entra nel gruppo francese col vessillo dell’Arte moderna e contemporanea, il settore di punta, che si porta dietro un fatturato complessivo di oltre 11,6 milioni di euro. Ciliegina sulla torta un Concetto spaziale, Attese del ’66 di Lucio Fontana, venduto a 640 mila euro.
Lucio Fontana, “Concetto spaziale, Attese”, 1966, idropittura su tela, azzurro, cm 47×38. Venduto a 640 mila euro
Miglior galleria italiana: Mattia De Luca. Oltre la crescita esponenziale della sua galleria negli ultimi anni, Mattia De Luca è riuscito a portare una delle mostre più belle di tutto l’anno solare di New York, cristallizzandone il tempo. “Giorgio Morandi-Time suspended II” è il titolo dell’antologica di 70 opere, andata in scena questo autunno, curata da Marilena Pasquali, fondatrice del Museo Morandi di Bologna e del Centro Studi Giorgio Morandi, che coniuga l’amore per la ricerca di De Luca -“Morandi è l’artista che mi ha avvicinato all’arte. Fui folgorato da una “Natura morta” della collezione Giovanardi” New York») con la sua ricerca perenne di qualità espositiva. Bastava vedere dov’era sita l’esposizione americana: gli eleganti ambienti di una palazzina ottocentesca all’East 63rd Street della Fifth Avenue.
Miglior artista contemporaneo italiano: Diego Marcon, Nicola Samorì, Giulia Cenci, Marcello Maloberti. Se per Samorì, Marcon e Cenci questi ultimi anni sono stati quelli della consacrazione nazionale e internazionale (e non possiamo esimerci nel non citarli), una menzione speciale va a Maloberti. Il PAC di Milano non è di certo il più bel museo d’Italia, anzi, eppure le installazioni che compongono “Metal Panic”, dell’artista di Codogno, non rappresentano solo lo stillicidio dell’immaginario logoro della “capitale economica d’Italia”, Milano, ma finalmente piegano l’architettura di Gardella al lirismo acido che l’artista porta in scena. Un panorama post-urbano – dove l’estetica “cantierale”, sacchi di sabbia e strutture segnaletiche provvisorie, sono i perni sui quali si mostra in forma splendidamente autoriale l’abisso “dell’Italia del nostro tempo”.
L’installazione di Lorenzo Marini alla GNAM
Migliore mostra italiana: Salvo alla Pinacoteca Agnelli e Il tempo del Futurismo, GNAMC, Roma. Discutibile per il fatto del Movimento creato da Marinetti essersi fatto portavoce di echi fascisti? Può darsi. Ma davvero dobbiamo indagare un’avanguardia storica, vecchia di cent’anni, attraverso la sua “biografia”? Opportuno sarebbe imparare a scindere le vampate contemporanee dai corpi inerti della storia dell’arte. E allora godiamoci questa infornata di sale meravigliose che attraversano un trentennio rovente e ci propongono opere rare e dialoghi a dir poco scenografici, come avviene in coda alla mostra, con Pino Pascali e Pietro Dorazio. E poi, per una volta, un po’ di orgoglio nazionale! Allo stesso modo divisiva la mostra di punta del novembre torinese, il mese di Artissima: Salvo. Arrivare in tempo, la più grande mai dedicata al pittore. Il pubblico, di critici e meno critici, è da tempo teso tra il fascino dei suoi notturni urbani e la nostalgia per la ricerca poverista dei primi approcci, più concettuale e impegnata. L’esposizione alla Pinacoteca Agnelli sorride ai primi, che fino a maggio 2025 hanno l’occasione unica di immergersi nella Torino lisergica di Salvo come mai prima d’ora. Tantissima pittura, allestita tematicamente, con guizzi azzeccatissimi negli accostamenti e nel ritmo cromatico. La curatela è ambiziosa e leggera, stratifica l’esperienza con suggestioni biografiche e letterarie che danno un taglio quasi romanzesco al percorso espositivo. Banale, semplice, ripetitivo? Può esser tutto, ma dopo il successo sul mercato internazionale è arrivata anche una mostra di punta in una realtà italiana. Gli scettici chiederanno ora un grande progetto estero. E fanno bene ad aspettarselo.