Truth Well Told, la verità ben raccontata, è il motto scelto più di cento anni fa dalla neonata McCann Erickson per rappresentare il suo operato. Nell’epoca in cui viviamo, la comunicazione ha bisogno di recuperare e valorizzare le radici dei brand, rappresentare il loro valore utilizzando tecniche creative sempre più attuali, in modo da innovare il suo potenziale di seduzione e persuasione. Oggi il consumatore richiede dalla marca una comunicazione diretta e veritiera, in qualche modo etica, che rispecchi le sue preoccupazioni circa la salvaguardia dell’ecosistema e la sostenibilità dei loro acquisti. Parlando di “verità ben raccontata”, come si può attualizzare questa frase in un contesto delicato fra greenwashing e ritorno d’immagine?
Per restare al passo con l’evoluzione degli scenari professionali che oggi più che mai richiedono conoscenze sempre più trasversali, si rende necessaria un’attitudine del modo di pensare che travalichi i limiti tradizionali della divisione tra discipline e che inglobi i valori e le metodologie del design per poter riformulare i problemi e cercare soluzioni con uno spirito nuovo. Quanto è importante, nel campo della comunicazione, una figura che sia in grado di avere uno sguardo sulla totalità del processo della creazione di un progetto?
Nell’ultimo anno abbiamo assistito a un’evoluzione esponenziale dei software di intelligenza artificiale e apprendimento automatico che ha portato a una produzione di contenuti sempre più raffinati e (quasi) indistinguibili dalla realtà. Mettendo temporaneamente da parte discussioni sulla liceità della creazione e distribuzione di questi ultimi, è possibile riflettere sul metodo in cui le agenzie potrebbero sfruttare questi strumenti creativamente? La mente dello stratega della comunicazione rimane centrale se ci focalizziamo, per esempio, sulla scelta del prompt adeguato per farci restituire il contenuto desiderato. Riusciremo mai a trovare un punto di incontro e imparare a utilizzare in maniera sostenibile l’intelligenza artificiale?