L’intelligenza artificiale ci ruberà il lavoro è un’affermazione che ho sentito più all’esterno che all’interno del mondo digital. Voglio pensare che la ragione principale sia: chi lavora con la creatività sa molto bene, nel profondo, che l’AI è oggi più un’opportunità che un rischio. Questo non significa, però, che il nostro mondo non debba interrogarsi sulle conseguenze di queste opportunità (e sui possibili rischi futuri, anche in termini di privacy).
L’AI è la vera disruption del settore: in pochi mesi ha già rivoluzionato diversi modelli di business e ha già deposto qualche piccolo seme anche in campi che, per ora, sembrano lontanissimi dall’universo AI. Ovviamente il settore digital è il campo pioniere su cui stanno avvenendo le sperimentazioni, e questo si traduce in un’enorme responsabilità per noi. Siamo noi – noi agenzie, noi realtà digital, noi sviluppatori di sistemi e di reti – ad avere la responsabilità di creare le linee guida che serviranno, penso molto presto, a normarla e a tracciare il percorso più etico e umano possibile perché tutti ne traggano profitto e perché non diventi, invece, uno strumento di divario e prevaricazione dei più forti sui più deboli. In questo senso, anche se come agenzia non abbiamo esperienza sul tema, sono ottimista sul fatto che l’AI si possa rivelare la migliore alleata per l’inclusione sempre maggiore di persone con disabilità fisiche.
Ciò su cui abbiamo esperienza come agenzia, invece, è il campo del marketing e della creatività . Le applicazioni e le opportunità dal punto di vista di marketing & sales sono già infinite e già garantiscono l’ottimizzazione dei budget pubblicitari, la riduzione dei costi e l’incremento dell’efficacia delle azioni. Come agenzia abbiamo già adottato soluzioni che si basano sull’AI per migliorare alcuni dei nostri processi, in particolar modo sulle aree content, creatività , performance, marketing automation e governance. Ma siamo solo all’inizio. Ogni reparto dell’agenzia è ora in fase di sperimentazione e formazione per quanto riguarda l’intelligenza artificiale: ad esempio, stiamo dialogando con associazioni di settore e poli universitari per approfondire le reali potenzialità dell’AI, anche nella definizione di prodotti complessi che possano far evolvere il nostro business model.
La mia impressione è che l’AI sia in questo momento estremamente vorace di dati. Questo è un momento saliente per lo sviluppo futuro della tecnologia, perché l’impronta che stiamo dando ora all’intelligenza artificiale è la base su cui verranno costruite le sue modalità di pensiero e, volendo, anche la sua etica. Le AI oggi sono in grado di processare i dati in maniera critica, segnando una forte differenza con il passato recente in cui un dato, se non letto correttamente, restava muto e inutilizzato.
Questo si traduce anche in un vantaggio per chi lavora con la creatività , e non solo con il dato o la performance: quali modalità di pensiero laterali può suggerirci l’AI? Quali e quanti piani di lettura di un problema può fornirci, quante soluzioni può aiutarci ad ottenere?
Le mie risposte a queste domande sono oggi decisamente ottimistiche: ho una grande fiducia nell’intelligenza umana ed è da questa che dipende, in fin dei conti, il futuro dell’intelligenza artificiale.
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