Angelo Mazzi
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Angelo Mazzi

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INTERVISTATO
Angelo
Mazzi
RUOLO
Partner & Head of Human Growth | Formatore Life Skills | Facilitatore Lego® Serious Play® | ICF ACC Coach & Team Coach
AZIENDA
Mai Tai
Intervista

L’INTUITO È UN ATTO DI CORAGGIO, NON DI FANTASIA

L’intuito non è magia, e nemmeno un colpo di fortuna. È un muscolo, come il tricipite: si allena, si affina, si indurisce con l’esperienza, ma anche con l’ascolto.

Per me l’intuito è una forma di conoscenza profonda che passa attraverso il corpo, le emozioni e i micro-segnali che cogliamo senza rendercene conto. È quando la testa non ha ancora fatto in tempo a razionalizzare, ma tu sai. Sai che una persona non ti sta dicendo tutta la verità. Sai che un progetto andrà storto anche se i numeri sono perfetti. Sai che quella chiamata è importante. Sai, prima di sapere.

E’ un tratto personale?

Non credo. È un ambiente più che una dote. L’intuito sboccia quando siamo abbastanza presenti da notare ciò che sfugge alla logica. E quando non ci giudichiamo troppo per ciò che sentiamo.

Il problema è che viviamo in contesti che ipervalorizzano l’analisi e screditano l’intuizione. Ma nella mia esperienza di facilitatore e coach, i cambiamenti più profondi arrivano quasi sempre da intuizioni. Piccole, impercettibili, ma potenti.

Quando ho iniziato a fidarmi del mio intuito?

Più che una data precisa, c’è stata una soglia. Un momento in cui ho smesso di cercare l’approvazione esterna e ho iniziato ad ascoltare con più coraggio quello che sentivo dentro. All’inizio fa paura: l’intuito non è un foglio di calcolo, non ha dati validati, non ha garanzie. Ma ha coerenza interna, e quella si sente.

Ho imparato che le decisioni migliori non sono sempre quelle più logiche, ma quelle che suonano giuste. Quando faccio delle scelte mi faccio guidare dalla frequenza, più che dai dati oggettivi.

Si rischia di sbagliare ma anche la logica può fallire. E comunque, se non rischi, non vivi. L’intuito sbaglia spesso? Forse. Ma ti tiene autentico. E se sbagli rimanendo autentico, impari molto più velocemente.

Ecco perché l’intuito non è un lusso ma una competenza fondamentale in un mondo complesso. Lo insegno anche nei percorsi di formazione: allenare l’intuito vuol dire sviluppare l’attenzione, la presenza, la capacità di cogliere segnali deboli…

 

IL RISCHIO È UN LUOGO, NON UNA MINACCIA

Intuito e rischio vanno spesso a braccetto. Senza rischio, l’intuito è solo un pensiero sospeso. Il rischio è il territorio dove l’intuizione si prende sul serio.

Oggi rischiare fa ancora paura ma il problema non è il rischio: è il modo in cui lo raccontiamo. In Mai Tai ma anche nei percorsi formativi con manager o team aziendali, vedo spesso che il rischio è percepito come errore in agguato. Ma se riesci a riformularlo come spazio di apprendimento, allora cambia tutto.

Per me il rischio è come un salto. A volte cadi, altre voli. Ma in ogni caso, impari una cosa su di te che a terra non avresti mai visto.

Che cosa mi ha insegnato rischiare?

Che ogni salto è una forma di nascita. Ho cambiato più volte percorso professionale, linguaggi, contesti, modalità di apprendimento. Ho rischiato e continuo a rischiare in progetti che sulla carta erano e sono folli eppure hanno generato (e mi auguro genereranno) valore. Il rischio è spesso percepito come qualcosa da evitare, ma in realtà è la materia prima dell’evoluzione.

Un team che non rischia mai si assesta nella mediocrità. Un creativo che non rischia diventa prevedibile. Un brand che non rischia perde rilevanza. Il rischio non è l’incoscienza di buttarsi: è la consapevolezza di mettersi in gioco, senza sapere esattamente dove si atterrerà.

Il rischio più grosso che ho corso è stato quello di espormi emotivamente. Di portare nella mia vita professionale e alle persone strumenti come il coaching, la facilitazione, la formazione. In un mondo che preferisce i KPI alle emozioni, fare spazio alla vulnerabilità lo trovo un atto di grande consapevolezza.

 

L’ASCOLTO NON È ATTESA: È RELAZIONE VIVA

L’ascolto non è solo una competenza comunicativa. È un orientamento etico, una postura interiore. Ascoltare vuol dire spostare il baricentro da sé all’altro, anche solo per un momento. E è in quel momento che si creano i ponti.

Nel mio lavoro con i team aziendali uso strumenti come il Lego® Serious Play®, i dialoghi circolari, le liberating structures. Tutti dispositivi che abbattono le gerarchie del parlare per parlare, e invitano ad ascoltare con il corpo, con gli occhi, con il tempo.

L’ascolto non è silenzio passivo. È attenzione attiva. E quando accade, cambia tutto. Ho visto conflitti sedimentati sciogliersi in pochi minuti, solo perché qualcuno si è sentito veramente ascoltato per la prima volta.

 

 

 

 

 

 

 

 

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