Caterina Boschetti
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Intervista

Intuizione: come si manifesta nel tuo lavoro? È possibile darle una spiegazione logica?

L’intuizione nella comunicazione è una bussola silenziosa che guida molte delle scelte più efficaci, anche se a volte sembra sfuggire a una spiegazione razionale. In realtà, è il frutto di un processo profondo: un’interazione costante tra esperienza, osservazione e la capacità di connettere elementi anche distanti tra loro.

Nel mio lavoro si traduce spesso nella lettura anticipata dei trend: intercettare ciò che sta per accadere nei diversi settori — culturale, sociale, tecnologico — richiede una sensibilità particolare per cogliere segnali deboli, frammenti, intuizioni appunto. È come leggere la contemporaneità, una realtà sempre più complessa e sfaccettata, dove è essenziale saper individuare punti fermi da cui partire.

In questo, i cicli storici, filosofici e sociologici sono una guida preziosa. Permettono di riconoscere dinamiche ricorrenti, di comprendere dove si trova oggi la società nel suo percorso e, quindi, intuire dove sta andando. L’intuizione si alimenta così di studio, ascolto e confronto costante con il mondo, fino a diventare un vero strumento di progettazione creativa.

 

Rischio: come affronti il rischio nei tuoi progetti? Come trasformarlo in opportunità?

Il primo è che le condizioni perfette per prendere una decisione, semplicemente, non esistono. Aspettare la situazione ideale significa spesso restare immobili, mentre il mondo – e soprattutto i competitor – si muove. Per questo è fondamentale saper prendere rischi “controllati”, ovvero gestiti attraverso la nostra esperienza, preparazione e visione strategica. È un modo per agire con responsabilità, ma senza farsi paralizzare dall’incertezza.

Il secondo motivo è ancora più profondo: non dobbiamo vivere l’errore come un tabù. Chi lavora, sbaglia. Ma chi sbaglia con umiltà e con apertura al confronto, cresce. Troppe volte si rinuncia a un’idea, a una proposta audace o a una sperimentazione solo per paura della reazione all’errore. Ma il rischio, se affrontato con consapevolezza, è proprio ciò che consente di innovare, di rompere schemi e di creare qualcosa che vada oltre i limiti predefiniti.

Non si tratta di agire con presunzione o leggerezza – non si tratta di ubris – ma di assumersi la responsabilità di uscire dalla zona di comfort. Il rischio, in questo senso, è generativo: è il punto di partenza di ogni vero cambiamento.

 Ascolto: come si traduce nella tua attività quotidiana?

Ascoltare è, o dovrebbe essere, il primo gesto di chi lavora nella comunicazione. Purtroppo però, nel mondo del lavoro, rischiamo spesso di cedere al richiamo del “suono della nostra stessa voce” – come le sirene con Ulisse e i suoi compagni. Un suono seducente, ma pericoloso: quello dell’autoreferenzialità.

Quando smettiamo di ascoltare – gli altri, i dati, i segnali deboli, le prospettive diverse dalla nostra – rischiamo di vivere e lavorare in un’eco di certezze che non esiste più. In un mondo complesso come quello attuale, avere un’unica visione non solo è limitante, ma può diventare dannoso. L’ascolto, invece, è la chiave per cambiare prospettiva, per mettersi in dubbio, per crescere davvero.

Nel quotidiano questo significa fare spazio al dialogo, anche (e soprattutto) quando si ha l’impressione di avere già la risposta. È coinvolgere il team, anche nei momenti di pressione e scadenze, quando sarebbe più facile “andare avanti perché sappiamo già come si fa”. In realtà, quei momenti sono preziosi: prendersi il tempo per ascoltare, anche una voce fuori dal coro, può far emergere soluzioni più efficaci, idee più forti, o semplicemente far crescere la consapevolezza collettiva.

Ascoltare è un atto di responsabilità verso gli altri e verso il progetto. È scegliere di costruire, insieme, qualcosa che sia davvero rilevante.

 

 

 

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