La mia posizione è un po’ ibrida, viene dalla creatività pubblicitaria però si affaccia anche su contenuti più lunghi, più estesi, come documentari e via dicendo. Il discorso dell’intelligenza artificiale effettivamente apre tutta una serie di scenari più o meno interessanti, più o meno anche inquietanti. Sicuramente nell’audio-video, per chi fa riprese e via dicendo, l’intelligenza artificiale può essere un ottimo supporto per sopperire alla mancanza di tempo o di risorse. Può servire anche per realizzare scene e fondali, quello che già un po’ un po’ si fa con il digitale, ma in maniera molto più evoluta. La cosa interessante, ma inquietante – quindi entriamo nel Dark Side dell’intelligenza artificiale – è invece quando va a sostituire quello che possiamo chiamare il cervello, ovvero il ruolo dell’autore, del regista. Io sono anche autore e regista, a seconda dei casi, o produttore, e quindi mi apre un grande punto interrogativo. Dal mio punto di vista, che sono un po’ non un pessimista però un realista, mi ricordo le cinque fasi del lutto, che sono quelle che elaborò un’attrice americana – perché un po’ di lutto parliamo, visto che questa intelligenza artificiale pare che possa togliere lavoro a gente come me – che sono: negazione, rabbia, contrattazione, depressione e accettazione. Io penso che le attraverserò tutte quante. Non so quando arriverò e se arriverò all’accettazione. Sarà molto probabile che sarà una lotta tra me e l’intelligenza artificiale e speriamo di arrivare quantomeno a un compromesso in cui saremo entrambi felici e potremmo continuare a vivere felici e contenti.
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