Matia Rosa
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Matia Rosa

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INTERVISTATO
Matia
Rosa
RUOLO
Regional Sales Manager
AZIENDA
Tinext
Intervista

Intuizione, rischio, ascolto.

L’intuito attualmente è una delle qualità più richieste nella vita di tutti giorni. Il rielaborare informazioni inconsce ci permette di prendere decisioni migliori.

L’intuito spesso è considerato come la capacità di prendere decisioni corrette in mancanza di informazioni sufficienti, facendo leva, consciamente o inconsciamente, sulle nostre esperienze precedenti. L’intuito attualmente è una delle qualità più richieste nella vita di tutti giorni. Il rielaborare informazioni inconsce ci permette di prendere decisioni migliori. L’intuizione, quindi, è la capacità di percepire possibilità, significati e connessioni non immediatamente evidenti, guardando oltre, concentrando l’attenzione su idee, concetti e potenzialità future. Come quest’attitudine può esserci utile nel campo lavorativo? è possibile dare a questa sensazione una spiegazione logica?

L’intuito, oggi, continua ad avere un ruolo fondamentale anche in un contesto in cui digitalizzazione, automazione e intelligenza artificiale stanno trasformando il modo in cui lavoriamo. È difficile dire per quanto ancora sarà così, ma al momento rappresenta un elemento distintivo dell’essere umano e, in particolare, del professionista. Proprio perché le macchine ragionano per dati e logiche deterministiche, la nostra capacità di cogliere connessioni non evidenti o di anticipare scenari grazie a percezioni meno razionali resta un vantaggio competitivo. Anche e soprattutto – per la mia esperienza specifica – in ambito Sales.

L’intuito, però, non è qualcosa di “magico” o innato: è, piuttosto, una forma di intelligenza che si costruisce nel tempo, attraverso l’esperienza. Più ampio è il nostro bagaglio di situazioni vissute e di contesti affrontati, più affinata sarà la nostra capacità intuitiva. In questo senso, l’intuito diventa quasi una “sintesi inconsapevole” delle nostre esperienze pregresse, che ci consente di leggere tra le righe, di cogliere segnali e prendere decisioni anche in mancanza di informazioni complete.

Il nostro intuito ci può aprire delle strade tanto interessanti quanto rischiose. D’altra parte, quando il rischio ha effetto positivo, allora diventa opportunità. Nella gestione dei nostri progetti spesso il rischio è un aspetto fondamentale ed inevitabile e si può trovare il coraggio di affrontarlo. La parola stessa progetto, che utilizziamo in Comunicazione è un termine associato alla proiezione verso il futuro delle nostre idee. Come mettere in atto efficacemente un piano d’azione in cui si affrontano e si contrastano i possibili elementi di rischio?

Anche in questo caso, torna centrale il tema dell’esperienza. È proprio l’esperienza che ci fornisce gli strumenti necessari per gestire in modo consapevole il rischio all’interno di un progetto. Più siamo esperti di un ambito e più sviluppiamo un’intuizione specifica, maggiore sarà la nostra capacità di assumerci rischi calcolati. In questo senso, il rischio non è da vedere come un pericolo, ma come un’opportunità da cogliere con lucidità, finalizzata al raggiungimento di un risultato.

E non bisogna nemmeno pensare che i dati siano la panacea di tutti i mali, che possano fugare ogni rischio o ogni possibilità di errore. In ogni progetto, infatti, si parte da una tesi, da un’ipotesi iniziale che nasce spesso da intuizioni fondate sull’esperienza. È solo al termine del percorso, attraverso i dati raccolti, che possiamo verificarne la validità: il dato diventa la conferma – o la smentita – di quell’intuizione. Ma per poter lavorare davvero sui dati in modo efficace, è essenziale che siano digitalizzati, strutturati e correttamente orchestrati. Senza questo presupposto, l’analisi perde di significato.

Un esempio pratico è l’utilizzo degli strumenti di intelligenza artificiale: il dato che ci restituisce la macchina può sembrare oggettivo, ma spetta al professionista valutarne la qualità. Ed è qui che torna in gioco l’intuito, affinato dall’esperienza: è ciò che ci permette di capire se quell’output è davvero attendibile, utile, coerente con il contesto. In altre parole, l’intuito ci aiuta a leggere tra le righe del dato.

Parlare di ascolto significa parlare di comunicazione. Dall’ascolto del brief all’ascolto dei colleghi, per individuare i trends e avvicinarsi all’innovazione. Oggi i brand stanno imparando ad ascoltare le persone, per condividere valori creati sui nostri desiderata, realizzando quanto sia importante il nostro consenso. Naturalmente l’innovazione ha molto aiutato questo processo, con l’analisi dei social media, e in generale dei comportamenti in rete, confermando le modalità e le motivazioni per cui si è attratti da un prodotto o interessati ad una marca. In che modo possiamo accentuare il carattere propositivo dell’informazione, permettendo ai brand di conoscere meglio la propria audience, per intrattenere e informare sperimentando nuovi linguaggi e tecnologie?

 

Partiamo da un assunto fondamentale: l’ascolto rappresenta il 90% della comunicazione. Spesso si pensa che comunicare significhi soltanto trasmettere informazioni, ma la vera efficacia comunicativa nasce dalla capacità di saper ascoltare. Ed è proprio in questo contesto che il digitale offre un supporto prezioso: tutto ciò che avviene online è, per lo più, misurabile. Possiamo analizzare gusti, preferenze, comportamenti, ma anche capire come le persone vogliono ricevere i messaggi, su quali canali e con quale tono.

Grazie alla tecnologia, oggi siamo in grado di adattare le nostre strategie di comunicazione alle caratteristiche dell’audience, senza però snaturare la nostra identità di brand. I canali digitali permettono una flessibilità notevole, che si traduce nella possibilità di personalizzare contenuti, linguaggi e modalità di ingaggio in modo sempre più puntuale.

Stiamo andando verso un modello di comunicazione iper-personalizzata, potenziata dall’AI. Fino a poco tempo fa, infatti, uno dei principali ostacoli alla personalizzazione era la produzione stessa dei contenuti: servivano troppo tempo e troppe risorse per creare messaggi su misura.

Ma oggi, con gli strumenti generativi a disposizione, questo limite si sta superando. L’informazione può quindi diventare sempre più ad personam, permettendo ai brand non solo di conoscere meglio il proprio pubblico, ma anche di instaurare un dialogo autentico e sostanzialmente one-to-one con ogni consumatore.

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