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Pasquale Gangemi

EDIZIONE
tema
INTERVISTATO
Pasquale
Gangemi
RUOLO
CEO & CoFounder
AZIENDA
Seed
Intervista

Vorremmo chiedervi di rispondere a questa prima provocazione: Chat GPT, l’AI capace di comprendere il linguaggio naturale e di imitare la creatività umana, minaccia davvero di rubarci il lavoro e ridurre la nostra professione di artigiani della comunicazione a un ricordo? In agenzia vi state già affidando a questi strumenti? Come vi siete approcciati all’ingresso di questi strumenti nel mondo della comunicazione?

ChatGPT non ci ruba il lavoro: è uno strumento, come lo sono la zappa o il martello, e come tale va usato, anche i contadini e gli artigiani si sono evoluti. Ma il martello non può sostituire il fabbro.
Farsi scrivere i testi da ChatGPT e prenderli per oro colato è sbagliato, fornisce un output poco qualitativo se preso as is, e non sostituirà nessuno.
Qualunque strumento, se usato nel modo sbagliato, porta risultati discutibili e può persino fare danni; bisogna saperlo usare e perseguire l’obiettivo corretto, quello per il quale lo strumento è stato fatto.

Nella mia azienda, Seed, agenzia specializzata in SEO, CRO e Analytics, stiamo utilizzando l’AI in modo concreto, applicandola ai flussi di lavoro per efficientarli e automatizzare le attività routinarie, in modo da poterci concentrare – come umani – su attività strategiche a più alto valore aggiunto.

Queste tecnologie possono rappresentare effettivamente un aiuto per il mercato? L’intelligenza artificiale può effettivamente dare un aiuto, per quanto riguarda l’inclusività anche delle persone con disabilità fisica?

Assolutamente sì, parlando sempre di uno strumento “semplice”, lo stesso ChatGPT riesce a utilizzare e restituire contenuti multimediali: inserire un’immagine e avere come output una descrizione vocale e viceversa, diventando a tutti gli effetti multisensoriale. Il che è molto utile per chiunque abbia una capacità di percezione della realtà diversa dalla media. Pensate cosa si può fare con strumenti più evoluti… e tanti progetti si stanno già realizzando, fortunatamente!

Parlando invece di Metaverso, alcune aziende hanno già pensato di utilizzare questa tecnologia per personalizzare progetti all’interno del Metaverso con ambienti promozionali per eventi dedicati. Avete usato qualcuno di questi metodi all’interno della vostra agenzia? Credete che sia una prospettiva di sviluppo realistica per la comunicazione?

Posso essere tranchant? Il metaverso non esiste.
Non stava bene da tanto tempo, o forse non lo è mai stato, nonostante gli ingenti sforzi da parte di Facebook di trasformarsi in “Meta” e di investire (e perdere) diversi miliardi di dollari.
Si è trattato di un fenomeno che ha perso subito di appeal, travolto poi dall’AI, che è indubbiamente più interessante e utile.

Tante aziende che avevano deciso di esplorare proposte riguardanti la presenza nel metaverso e/o l’utilizzo creativo di “NFT”, hanno impiegato dei budget senza ottenere dei veri risultati. Comprensibilmente, hanno poi virato verso l’implementazione di processi e strumenti basati sull’IA.

C’è anche molta confusione su concetti diversi come AR (Realtà Aumentata), VR (Realtà Virtuale) e Metaverso: è fondamentale conoscerli bene, perché ciò che tutti chiamano metaverso oggi non risponde a caratteristiche fondamentali, come il fatto che dovrebbe essere un ecosistema open e non creato da piattaforme private.

Quello che oggi tutti chiamano “metaverso” non è altro che “realtà virtuale” che ha avuto, ha e avrà applicazioni molto utili e concrete. Non necessità però, di essere rinominata in altro modo per risultare più altisonante ed essere più “attraente”.

 

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