CI PIACE RACCONTARE DELLE STORIE
Se ci pensate bene, tutto è una storia da raccontare.
Se nella vita ci si attenesse strettamente solo ai fatti, il caso di quella bambina che, invece di ascoltare la mamma, imboccò la strada del bosco e finì dritta nella pancia del lupo, sarebbe semplicemente uno dei tanti files negli archivi di cronaca.
Invece a quella bambina viene dato un nome. E non un nome qualunque, ma un nomignolo affettuoso che scatena in due parole già un universo di emozioni. Già te la immagini, solo a sentirne il nome, trotterellare con i piedini cicciottelli e la sua mantellina svolazzante.
Poi a quella bimba vengono date delle emozioni, delle paure, dei desideri. Ci viene raccontato il suo pensiero, cosicché in men che non si dica ci ritroviamo anche noi nel bosco a decidere che strada prendere.
E quando arriva la bestia feroce, siamo già tutti schierati al fianco della poveretta, perché è stata talmente convincente che a nessuno di noi verrebbe in mente di dubitare della bontà delle sue intenzioni nonostante la vecchia, a causa delle sue innocenti confidenze al lupone, ci lasci ahimè le penne.
Appesi ad un filo di speranza, siamo convinti sostenitori del cacciatore (animalisti compresi) quando arriva a salvare nonna e nipote da morte certa, restituendole al loro radioso futuro, con la consapevolezza di aver contribuito al bene dell’umanità.
Ci sarebbe stata la stessa empatia se tutto si fosse ridotto ad un lapidario trafiletto “lupo affamato divora bambina”? Improbabile.
Certo è che non abbiamo fin qui mai citato il nome della nostra protagonista, ma tutti abbiamo capito di chi stiamo parlando.
Perché una storia ben raccontata sa farsi ricordare. O no?
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